(Premesso che si sta disquisendo di calcio e non di guerra con tutto ciò che ne consegue…e che si sta parlando di un plurimiliardario)
per settimane Paulo Dybala è stato disegnato dalla stampa come un mercenario avido e senza cuore.
Le immagini di Dazn andate in onda a fine partita ieri sera ci regalano un altro scenario, molto diverso e più umano: un ragazzo di 28 anni affranto che
gira spaesato per quello che per anni è stato il suo terreno di gioco casalingo in cerca di conforto per il suo pianto irrefrenabile e fanciullesco.
In quel pianto vi è la summa della disumanità del calcio – business moderno, rappresentata al “meglio” da Andrea Agnelli, un presidente di club in verità incapace che si circonda dei uomini sbagliati nei posti sbagliati.
Con strategie in continuo cambiamento (non aggiornamento sia chiaro) e senza una linea ben definita nè in campo tecnico nè in quello economico.
I tifosi più accaniti, o chi la pensa in maniera neoliberista come Agnelli, snoccioleranno le statistiche: “è sempre infortunato”, “voleva un aumento troppo esoso”, “ha pianto perchè è un debole”.
La verità a mio modo di vedere è un’altra: dall’addio a Del Piero http://francocesario.altervista.org/addio-presunto-stile-juve/la dirigenza bianconera ha avuto una china sempre più ripida.
Il licenziamento di Allegri, il doppio tentativo fallito di affidare la panchina a due “progetti” particolari, Sarri e Pirlo, i vari ritorni (Bonucci, Buffon), le liti con Marotta, che su Ronaldo aveva pienamente ragione, l’affidarsi a Paratici per poi mandarlo via in tutta fretta, fino ad Arrivabene, disastroso in Ferrari e nella gestione del campioncino argentino. Per non parlare del già citato affare sballato Ronaldo.
Andrea Agnelli e i suoi accoliti rappresentano a pieno la cattiveria e la protervia del capitale, la sua presunta efficienza. Il suo usare le persone come fazzoletti da gettare.
Il calcio o è popolare o non è.
E per esserlo ha bisogno di eroi, uomini simbolo, capitani eterni. Che devono giocare bene, ovvio, ma che non possono essere cacciati quando sono talentuosi e attaccati alla maglia come ha dimostrato ieri il povero Paulo.
Questo calcio, definizione plastica di un mondo alla deriva, si disumanizza sempre più e perde appeal.
Le strategie di marketing serviranno a poco se continuerà questa china ipermanageriale e senza cuore.
Dybala, candidamente con il suo singhiozzare senza freni, dimostra che è stato licenziato senza giusta causa.
E questo fa male anche se si tratta di un miliardario che corre in un campo di gioco con dei pantoloncini corti.
Il pianto di Dybala è solo una stortura nel patinato mondo del denaro: per noi e per lui può rappresentare una catarsi benefica
e liberatoria.